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Servizio civile e stranieri: il nodo della cittadinanza

Il 19 novembre scorso il Tribunale di Milano ha ordinato al Dipartimento della Gioventù di aprire le porte del servizio civile nazionale agli stranieri, nonostante la legge 64/2001 lo riservi ai soli volontari italiani che vogliono difendere la Patria senza impugnare le armi. L’odierna riapertura ad hoc del bando è a nostro parere l’ennesimo fallimento dell’Italia come nazione.

Il Modavi esprime il proprio disappunto verso la politica italiana che ha rimandato a data da destinarsi la fondamentale questione del diritto di cittadinanza, fin quando il caso è approdato nelle aule di tribunale ed è stato affrontato dalla magistratura. Vorremmo che i ragazzi delle cosiddette “seconde generazioni” non si accontentassero di questo spazio delimitato ma partecipassero da italiani al servizio civile nazionale. Pertanto chiediamo al Parlamento di lavorare su una modifica alla normativa vigente, che consenta loro di intraprendere prima e con meno burocrazia il percorso di acquisizione della cittadinanza italiana, senza abbandonarsi alle sirene dello “ius soli”.

Fin quando non si affronterà il problema alla radice, i giovani che si sentono italiani a dispetto della carta d’identità, di fatto saranno sempre cittadini di seconda serie, ai quali è permesso partecipare al servizio civile ma che in altre occasioni troveranno porte chiuse a causa di ciò. Come al solito, l’Italia ha aggirato l’ostacolo invece di saltarlo con un grande slancio.

Per chi, come noi, crede veramente che l’Italia sia di chi la ama e non solo di chi nasce da genitori italiani, questa vicenda è niente più che una presa in giro che danneggia il servizio civile come istituzione. Se parliamo di “difesa non armata della patria”, come dice la legge che trae origine dall’art. 52 della Costituzione, evidentemente, ci si può rivolgere solo a chi possiede la cittadinanza italiana.