
Il 25 ottobre Reyhaneh Jabbari è stata impiccata perché uccise l’uomo che voleva violentarla, secondo l’applicazione del “qesas”, la “legge del taglione”. Dopo un percorso giudiziario durato anni, due rinvii sotto la pressione di una campagna internazionale a suo favore e il diniego, per ben due volte, del perdono da parte della famiglia dell’abusatore di Reyhaneh, che avrebbe potuto convertire la pena di morte in detenzione, la speranza di un “lieto fine” è svanita per sempre.
Non è chiaro cosa sia successo tanti anni fa tra Reyhaneh, decoratrice di interni poco più che ventenne, e Morteza Sarbandi, ex funzionario dei Servizi Segreti iraniani, di 47 anni. Le organizzazioni per i diritti umani, come Iran Human Right, denunciano che, alla sua prima confessione, Reyhaneh non aveva un avvocato e che non vi è stato, negli anni, un giusto processo.
Lascia certamente basiti, peraltro, che in Iran la magistratura deleghi alla famiglia dell’uomo ucciso il potere e la responsabilità di dare il “via libera” all’esecuzione. Nell’ultimo incontro con la stessa Reyhaneh, il figlio di Sarbandi ha chiesto che la donna rinunciasse alla sua versione dei fatti, ma lei non ha voluto ritrattare la sua testimonianza.
Purtroppo, per una Reyhaneh di cui si parla vi sono altre due esecuzione al giorno di cui non si è a conoscenza. Solo pochi giorni fa, a Ishafan, alcune ragazze sono state sfregiate con l’acido perchè sarebbero state “mal velate”. La battaglia contro la violenza sulle donne, purtroppo, richiede ancora sforzi decisamente importanti ed è dovere di ogni persona esprimere il proprio dissenso affinchè tutto cambi.
Ora, un’altra donna è stata condannata a morte per aver osato manifestare il suo pensiero: Asia Bibi. Quest’ultima, madre cristiana di cinque figli, morirà sul patibolo: l’Alta Corte di Lahore, in Pakistan, ha respinto il ricorso contro la condanna a morte per “blasfemia”. Asia è stata accusata di aver “insultato” il profeta Maometto in un litigio con altre due donne, entrambe musulmane. In un lettera a Papa Francesco, Asia racconta che ‘‘Sono ancora aggrappata con forza alla mia fede cristiana e nutro fiducia in Dio, mio Padre, che mi difenderà e mi restituirà la libertà. Confido anche in te, Santo Padre Francesco, e nelle tue preghiere … La mia unica speranza è poter vedere un giorno la mia famiglia riunita e felice. Io credo che Dio non mi abbandona e che ha un progetto di bene e di felicità per me, che si avvererà ben presto. Sono grata a tutte le persone che nelle comunità cristiane in tutto il mondo pregano per me e fanno di tutto per aiutarmi”.
Accogliamo l’appello di Asia Bibi, esprimendole la nostra solidarietà e vicinanza: aiutiamola facendo conoscere la sua storia, condividendo il suo volto su Facebook.
Maria Teresa Bellucci
Presidente Nazionale Modavi onlus