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LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS. UNA RIFLESSIONE SULLA PROPOSTA DI LEGGE

È notizia di ieri che l’intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis ha elaborato una proposta di legge che renderebbe legale il consumo di cannabinoidi in Italia, partendo dal fatto che milioni di italiani già ricorrono a tale sostanza. Secondo il promotore dell’intergruppo, il Sen. Benedetto Della Vedova, chi consuma cannabinoidi in Italia è costretto a vivere nell’illegalità e a foraggiare la mafie, affermando che una battaglia che vada in questo senso sia «una misura di civiltà».

La proposta di legge in questione presenta due macroscopici elementi di pericolo che dovrebbero essere tenuti maggiormente in considerazione dal decisore politico. Da un lato, non vengono presi in considerazione i bisogni reali della persona, poiché il testo presentato rivolge l’attenzione esclusivamente al dato economico per lo Stato, con la previsione di maggiori entrate grazie alla commercializzazione della cannabis nonché alla diminuzione dei costi per la giustizia. Dall’altro, ci si nasconde dietro la necessità di migliorare l’uso e l’approvvigionamento di cannabis terapeutica per estendere a chiunque la possibilità di drogarsi.

Emergono, quindi, due macroscopiche contraddizioni della legge: 1) Perché i parlamentari vogliono fare cassa sui tossicodipendenti – favorendo la tossicodipendenza – mentre alle società del gioco d’azzardo condonano milioni e milioni di evasione fiscale – favorendo la ludopatia? 2) Perché si parla di “civiltà” quando si nasconde il proprio approccio ideologico dietro le sofferenze di chi è malato e soffre?

A nostro avviso, occorre tenere ben distinte la riflessione sulla cannabis terapeutica da quella sul c.d. “uso ricreativo”, perché l’introduzione di un farmaco non può essere trattata allo stesso modo rispetto ad una scelta personale e dannosa finalizzata alla ricerca di uno stato di alternazione.

In accordo con numerose comunità terapeutiche, riteniamo anche che uno Stato dovrebbe preoccuparsi di aiutare i propri cittadini e non di metterli in condizione di distruggere se stessi e gli altri attraverso l’uso di sostanze stupefacenti: occorre ribadire con fermezza che tutte le droghe fanno male e che la vera libertà non è quella di drogarsi ma quella di essere liberi dalla droga.

La vita, nella sua infinita bellezza, è fatta di alti e di bassi. A volte può capitare che, per colpa di uno stato emozionale difficile o per l’euforia dell’imitazione nel gruppo, una persona cada nell’esperienza della droga e che in questa trovi un effimero sollievo. In realtà, la droga non risolve gli stati emozionali che ne hanno causato il consumo, anzi li peggiora e apre la strada verso la dipendenza, ossia verso la perdita di libertà.

Ferma restando la necessità di non criminalizzare chi è dipendente dalle sostanze, non è possibile tralasciare i danni che i cannabinoidi arrecano alle persone, sia fisicamente che psicologicamente. Secondo uno studio effettuato dalla Duke University, pubblicato sulla rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences), la dipendenza da marijuana o il suo uso reiterato prima dei 18 anni provoca danni durevoli a carico di intelligenza, attenzione e memoria. Sulla base di dati relativi a oltre mille neozelandesi, i soggetti che fanno uso di cannabis in età adolescenziale e la consumano per anni, mostrano una riduzione di 8 punti nel quoziente intellettivo, confrontandolo a 13 e a 38 anni. «Cessarne l’uso, non riesce a rimediare ai danni causati» – ha dichiarato la responsabile dello studio Madeline Meier – poiché «prima dei 18 anni, il cervello si sta ancora organizzando e rimodellando per diventare più efficiente, e potrebbe essere molto vulnerabile ai danni provocati da queste droghe». Lo spinello degli anni 70 era profondamente diverso da quello dei giorni nostri: le modifiche genetiche dei semi di cannabis hanno portato a super-piante con percentuali di THC fino a 70 volte di quelle contenute in natura. I ricercatori del Kings College di Londra, in uno studio apparso sulla rivista Lancet Psychiatry, hanno dimostrato che l’uso di skunk – una tipologia di cannabis geneticamente modificata – triplica il rischio di psicosi rispetto ai non consumatori e lo quintuplica in caso di consumo giornaliero.

L’impostazione di tale legge, quindi, dimostra come molti parlamentari siano ancora decisamente lontani dalle esigenze reali dalla popolazione. Nel frattempo, il Terzo Settore è già impegnato nei lavori preparatori della Conferenza Nazionale sulle Droghe, che si terrà con 3 anni di ritardo rispetto al dovuto, affinchè l’Italia si possa dotare di una nuova strategia sulla droga veramente in linea con i bisogni dei cittadini più deboli. Come disse Paolo Borsellino nel 1989: pensare di liberalizzare la droga per combattere il traffico clandestino «è da dilettanti di criminologia».