Gennaio 2015, Francia. Tre terroristi islamici assaltano la sede di un giornale satirico che pubblica vignette blasfeme contro l’Islam e, per inciso, anche contro il Cristianesimo e la Chiesa di Roma. Muoiono 12 persone e l’ISIS rivendica l’attentato. Il mondo si indigna. Tutti seguono in TV la caccia ai ricercati in fuga tra boschi e piccole città di provincia. Manifestazioni si organizzano in ogni dove e i capi di Stato dei principali Paesi della Comunità internazionale si recano a Parigi, per partecipare al dolore della Nazione. L’Occidente, laico, si sente sotto attacco e, soprattutto, sembra lo sia la possibilità di esprimere sempre e comunque un’opinione, seppur talvolta eccessiva, di cattivo gusto, irrispettosa. La chiamano libertà di pensiero e la Francia post – rivoluzionaria ne è la culla. Sono tutti Charlie.
Aprile 2015, Kenya. 147 giovani vengono trucidati, nel campus universitario di Garissa, dai terroristi islamici di Al Shabab, jihadisti somali. Erano cristiani e stavano pregando. Sono morti per questo. Le foto della strage fanno in pochi minuti il giro del mondo e rimbalzano da un giornale ad un altro, da una televisione ad un’altra, vengono pubblicate sui social network. E’ sotto gli occhi di tutti l’atrocità di quelle morti, vite spezzate troppo presto. 147 persone, con una propria storia, una famiglia, dei sogni.
Migliaia di Cristiani muoiono ogni giorno, decapitati, crocifissi, torturati, massacrati senza pietà in tutto il mondo. Eppure per loro non esiste una giornata della memoria, per loro non ci si indigna, destinati a portare la Croce da soli perché nessuno gli andrà incontro per aiutarli a sopportarne il peso. Proprio in questi giorni Sua Santità, Papa Francesco, ha ricordato il genocidio degli Armeni di cui nessuno parla mai e che, addirittura, continua ad essere negato dal Governo turco.
Sono passati 10 giorni dall’attentato al campus universitario di Garissa, eppure nessun Capo di Stato si è recato in Kenya per rendere omaggio ai defunti, non sono state organizzate manifestazioni nell’Occidente dei tanti Charlie Hebdo.
Forse perché Nairobi non è Parigi, forse perché l’Africa, colonizzata, derubata delle proprie ricchezze, sfruttata e lasciata in preda a guerre terribili di cui nessuno si cura, non è l’Europa.
Il MODAVI ONLUS, dal 2010, realizza progetti di cooperazione allo sviluppo in Kenya e questa strage ha colpito da vicino ciascuna persona impegnata nel movimento. Quel terribile attentato avrebbe potuto colpire una delle missioni cattoliche nelle quali la nostra organizzazione lavora: orfanotrofi, biblioteche, scuole, cooperative agricole. Piccole azioni quotidiane che hanno l’obiettivo, ultimo, di aiutare la popolazione locale ad acquisire le conoscenze e gli strumenti necessari per autodeterminarsi, per essere in grado di decidere del proprio destino, come singoli e come popolo.
I volti di quei 147 giovani rimarranno impressi nella nostra memoria: un monito che ci spinge, ancora di più, a proseguire sulla strada intrapresa, poiché laddove non c’è rispetto del prossimo e coscienza di sé, non ci sarà mai una pace duratura ed una crescita sostenibile che renda possibile ad ognuno di vivere con dignità, proprio quella dignità della vita umana che ogni religione professa e tutela, aldilà del terrorismo e delle logiche di potere alle quali ci si asseverisce troppo spesso.