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Contro l’indifferenza: la battaglia di Raffaele

Da qualche anno a questa parte, giornali e telegiornali ci hanno bombardato di cattive notizie. Oramai le evitiamo incosciamente, le scartiamo dal mazzo delle carte come in una partita a poker. Oppure siamo talmente assuefatti al brutto che non ci facciamo più caso, è diventato tutto normale, piatto. Rischia di fare questa fine la notizia della morte di Raffaele Pennacchio, malato di sla stremato da giorni di proteste sotto i palazzi del governo.

Bisogna morire per farsi sentire? Raffaele era giunto a Roma dalla provincia di Caserta per gridare al governo che non si può risparmiare sull’assistenza ai disabili gravi. Non era il solo; è un’intera categoria, la più debole, in lotta. Una lotta per la sopravvivenza che trova nell’indifferenza il suo nemico pubblico numero uno. Occhi e orecchie chiusi che non vogliono vedere cosa sta succedendo nelle case degli italiani né sentire le urla disperate dei malati di sclerosi come Raffaele.

L’assassino di Raffaele è l’indifferenza dei calcolatori; di chi, impegnato ad azzuffarsi, ha lasciato l’Italia alla deriva. Domani sarà tutto come prima; qualche dichiarazione e le coscienze lavate. Dobbiamo ritrovare la forza di indignarci, invece; non possiamo continuare ad accettare tutto supinamente.

Da domani ognuno di noi dovrà incarnare la lotta di Raffaele Pennacchio; ognuno a modo suo, con i propri mezzi a disposizione ma tutti devono fare e dire qualcosa per sostenere gli ultimi. Si dovranno scuotere gli animi ed urlare ancora più forte, se necessario, per deunciare le troppe ingiustizie e contagiare di bene le persone a noi vicine. Se c’è ancora qualcuno che non vuole arrendersi all’indifferenza, è arrivato il momento di muoversi. C’è riuscito Raffaele, ci riuscieremo anche noi.