
Preoccupante e a tratti raccapricciante il nuovo Rapporto sulla coesione sociale pubblicato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali insieme all’Istat e all’Inps. Una nazione fragile, un popolo azzoppato, un futuro a tinte fosche: questa è l’impressione che si ha scorrendo i dati forniti.
La crisi demografica (13mila bambini in meno nati nell’ultimo anno) e, al contrario, il costante aumento di bambini nati da genitori stranieri, devono portarci a partorire delle politiche che favoriscano la natalità nonché alla revisione della legge di cittadinanza – senza abbandonarsi alle sirene dello “ius soli”. Non possiamo permetterci ancora di essere uno dei paesi più vecchi al mondo.
L’esame spettrografico sul mondo del lavoro ci impallidisce ancora di più quando attesta che in un anno la disoccupazione è un problema che riguarda direttamente altre 636mila persone, mentre nella popolazione giovanile il tasso è arrivato al 35%. Ma non è tutto: si confermano in negativo le differenze di retribuzione uomo/donna e italiano/straniero; differenze medie del 25%, nel primo, e di quasi il 30% nel secondo – ovviamente con la busta paga più pesante all’uomo italiano.
Non va meglio nelle aule scolastiche ed universitarie. Mentre diminuisce il numero degli studenti che passano dalle scuole secondarie agli atenei, aumenta la dispersione scolastica ed il numero degli studenti stranieri.
Aumenta impietosamente il numero delle famiglie e delle persone in povertà. Nel 2012, si trova in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie residenti in Italia (+1,6 punti percentuali sul 2011) e il 15,8% degli individui (+2,2 punti). Si tratta dei valori più alti dal 1997, anno di inizio della serie storica. La povertà assoluta colpisce invece il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui. I poveri in senso assoluto sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%). Nel corso degli 5 anni, la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, in cui convivono più generazioni. Fra queste ultime una famiglia su tre è relativamente povera e una su cinque lo è in senso assoluto. Le famiglie con tre o più minori risultano relativamente povere nel 17,1% dei casi, con un balzo in avanti di circa 6 punti percentuali solo tra il 2011 e il 2012. Un minore ogni cinque vive in una famiglia in condizione di povertà relativa e uno ogni dieci in una famiglia in condizione di povertà assoluta, quest’ultimo valore è più che raddoppiato dal 2005.
E quando infine passiamo a servizi per l’infanzia, scopriamo che gli asili nido riescono a soddisfare soltanto il 12% delle richieste; il restante 88% dei bambini deve arrangiarsi, rimbalzato tra i parenti e le baby sitter. Tutto ciò nonostante gli sforzi costanti delle amministrazioni comunali, che su questo settore investono oltre un miliardo di euro – alla faccia dei tagli ai trasferimenti statali.
Insomma, ce n’è abbastanza per essere seriamente preoccupati. Cosa fare allora? «La speranza – ammonisce S. Agostino – ha due figli bellissimi: lo sdegno per le cose che non vanno e il coraggio per poterle cambiarle». Vi aspettiamo a Virtutes agendae.