
È la notizia di questi giorni: un ragazzo morto per assunzione di ecstasy e una nota discoteca della riviera romagnola chiusa per 4 mesi. Su questo primo bilancio, l’opinione pubblica italiana è tornata a dividersi: da un lato chi dice che quel ragazzo poteva essere salvato attraverso politiche di riduzione del danno, attraverso un processo di educazione alle droghe, e chi – invece – chiede che venga fatta una costante attività di prevenzione e di informazione sui rischi, attraverso interventi di educazione sui danni causati dalle droghe; da un lato chi sostiene che la colpa non possa ricadere sui gestori dei locali e chi dice, al contraro, che questi non intervengano sufficientemente per evitare il consumo di sostanze all’interno.
Ancora una volta, la discussione si esime dall’affrontare la vera causa del problema: perché un sedicenne ha bisogno di drogarsi?
Sicuramente, l’adozione dell’articolo 100 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che prevede la possibilità di chiudere i locali pubblici, non è una misura sufficiente a contrastare il fenomeno dello spaccio né a dare giustizia alla famiglia della povera vittima. Una misura del genere, certamente, ha portato allo spostamento degli spacciatori da un locale ad un altro e alla perdita di 200 posti lavoro.
In merito a questa triste vicenda, riteniamo che si sia persa di vista la centralità della persona che, essendo fatta di anima e corpo, porta con se bisogni ed emozioni. In particolare, il nostro pensiero va, soprattutto, ai bisogni di cura e di tutela dei più fragili e bisognosi. Per noi, un giovane che fa uso di sostanze stupefacenti è una persona che non vive correttamente le sue emozioni poiché rifugge la realtà attraverso gli effimeri paradisi artificiali della droga e, per questo motivo, necessita di aiuto.
Per questi motivi, crediamo che i gestori delle discoteche abbiano una grande responsabilità poiché ad essi sono affidati i primi compiti di vigilanza e prevenzione, attività fondamentali per la buona riuscita di una serata in sicurezza ed allegria. Al contempo, però, i gestori non devono essere lasciati soli dalle istituzioni: gli operatori impiegati per la sicurezza nei locali, infatti, denunciano forti limitazioni di intervento poiché son privi delle necessarie tutele giuridiche e devono obbligatoriamente ricorrere all’autorità giudiziaria.
I gestori ed i proprietari dei locali rappresentano un prezioso alleato nella lotta allo spaccio ed il loro ruolo dovrebbe essere valorizzato, coinvolgendoli nella costruzione di un percorso di prevenzione, basato sulla libertà dalle droghe, che normalizzi la stretta collaborazione tra gestori, istituzioni e terzo settore, sia all’interno dei locali che nelle scuole. Proprio il coinvolgimento di queste, dato il progressivo abbassamento dell’età di primo contatto con le sostanze, permetterebbe ai ragazzi di poter formare una coscienza completa sul rapporto tra droga e discoteca, sfatando falsi miti e la “cultura dello sballo”. Strutturare dei percorsi di prevenzione nei quali i giovani adolescenti possono approcciarsi al divertimento in maniera sana e costruttiva permetterebbe di arginare, a monte, buona parte comportamenti devianti.
Un divertimento senza sostanze è possibile, grazie alla buona musica e all’allegra compagnia dei propri amici: auspichiamo che le discoteche tornino ad essere un luogo d’incontro, dove potersi svagare e fare nuove conoscenze, e non dei tritacarne umani dove le singole vite si sprecano.