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Vecchie droghe e nuove dipendenze

Non c’è cosa più subdola delle sostanze stupefacenti: si insinuano come un serpente nelle fessure lasciate scoperte dagli uomini e la loro presenza si manifesta soltanto quando il danno è fatto. Se la crisi economica ha indebolito il tessuto sociale, la crisi dei valori ha senza dubbio reso le persone più inclini ad individuare, come soluzioni ai problemi, rimedi che si svelano poi come veri e propri cavalli di Troia.

Vecchie e nuove dipendenze diffuse tra i giovani italiani sono state analizzate dall’Espad (European school survey on alcohol and other drugs) che ha pubblicato i dati della ricerca che ha condotto sulla popolazione studentesca. Il dato più evidente è l’aumento del consumo di cannabis: «nel 2012 dichiarano di averne fatto uso almeno una volta nella vita e negli ultimi dodici mesi rispettivamente il 28,1% e 22,1% del campione, contro il 27,5% e 21,5% rilevati nel 2011».

Sul fronte del bere è preoccupante anche il fenomeno del binge drinking – che consiste in almeno cinque bevute in un’unica occasione, praticato dal 35,1% degli studenti – e il dilagare della moda delle cosiddette bevande energetiche, che si attesta al 41% del campione. Allarmante il dato sul consumo di psicofarmaci: il 15,4% degli studenti dichiara di averli assunti senza prescrizione, mentre oltre il 52% degli studenti a cui sono stati prescritti ha continuato ad assumerne senza controllo medico.

L’esperienza del Modavi all’interno delle scuole conferma i dati del rapporto Espad. Il consumo di cannabis è largamente diffuso e sembra rappresentare quasi una tappa obbligata dell’adolescenza, al pari delle sigarette. La questione che fa riflettere è che la marijuana viene utilizzata principalmente per due motivi: «fa rilassare» e «fa divertire».

Questi due motivi aprono a due grandi riflessioni. I ragazzi hanno la tendenza crescente a porre una distanza sempre più grande tra se stessi e i problemi che si trovano, come tutti, ad affrontare; un atteggiamento di rinuncia di fronte ai problemi che parla anche di un’idea di impossibilità a risolverli. Lo stesso discorso può essere fatto per l’uso sempre più diffuso delle medicine antidolorifiche. La nostra cultura promuove il ricorso a degli agenti esterni che non ci facciano sentire il dolore ma che tolgono al corpo qualsiasi possibilità di attivare i sani meccanismi di riparazione.

Il secondo motivo di assunzione fa da contraltare al primo. Come sono sempre più numerosi i giovani che disperano della possibilità di risolvere i problemi, allo stesso modo riescono sempre più difficilmente a trovare dentro di sé le risorse per provare un genuino piacere, privo di surrogati. E la famiglia? Il contesto dove troppo spesso hanno origine i dolori e le ferite degli adolescenti, è la grande assente.

Quella delle sostanze stupefacenti e delle dipendenze patologiche è una problematica in continuo divenire e, come tale, sempre attuale e da tenere costantemente sotto controllo. Ora che le droghe sintetiche non sono più una novità assoluta, i nuovi consumi giovanili si spostano su sostanze in libera vendita: le cosiddette “smart drugs” che si vendono negli “smart shop” – diabolica “intelligenza” anglofona – o addirittura in farmacia. Ma il mostro che si profila all’orizzonte sempre più minaccioso è, invece, una sostanza eterea: il gioco d’azzardo, una forma di dipendenza patologica che distrugge migliaia di famiglie con il cinico avallo dello Stato che in questo caso gioca, ahinoi, alle tre scimmiette.